Sulla montatura degli obiettivi delle macchine fotografiche è riportata una serie di numeri, di solito da 1 a 20, che indicano le distanze di messa a fuoco dell’obiettivo in metri, e poi il segno di infinito, cioè la distanza massima.
Le macchine prodotte per il mercato di lingua inglese avevano invece, fino a pochi anni fa, le stesse indicazioni espresse in piedi, per esempio 3, 10, 15, 60, mentre le macchine economiche hanno tre o quattro simboli che svolgono la stessa funzione.
Di solito i simboli sono un mezzobusto (corrisponde a un metro), una persona a figura intera (3 metri), un gruppo di persone (5 metri) e infine una casa o una montagna (infinito). Ruotando la montatura potete far avvicinare o allontanare l’obiettivo dal corpo della macchina, mettendo a fuoco su una certa distanza. È una regolazione simile a quella della radio, in cui una manopola serve a ottenere la perfetta sintonia.
Con la stessa precisione dovete effettuare la messa a fuoco, altrimenti l’immagine risulterà più o meno sfocata. Questo perché l’obiettivo della macchina fotografica, esattamente come il nostro occhio, non riesce a mettere a fuoco gli oggetti vicini e quelli lontani contemporaneamente. Infatti se leggiamo un libro possiamo notare che il testo appare nitido, ma tutto quello che c’è dietro ci appare sfocato. Se invece guardiamo lontano, il libro ci appare sfocato.
Quindi dobbiamo regolare l’obiettivo con la maggiore precisione possibile sulla distanza del soggetto. Se si trova a 2 metri dobbiamo ruotare la montatura dell’obiettivo fino a far coincidere il numero 2 con il punto di riferimento, di solito un triangolo, una freccia o un punto colorato.
Le macchine con la messa a fuoco manuale usano il telemetro, che può essere di vari tipi. Quello a scomposizione o sovrapposizione d’immagine mostra nel mirino una piccola parte del soggetto divisa in due parti in senso orizzontale, oppure sdoppiata. Ruotando la montatura dell’obiettivo l’immagine si ricompone perfettamente, e a quel punto la messa a fuoco è esatta.
Le macchine reflex usano quasi tutte un vetro smerigliato liscio oppure
con la superficie ricoperta di piccoli prismi. L’immagine appare confusa oppure scomposta in tanti quadratini fin quando non è perfettamente a fuoco.
Il telemetro del primo tipo, usato nelle macchine tipo Leica, è più veloce e più preciso nelle condizioni di luce scarsa, mentre il secondo tipo va meglio con i teleobiettivi e nelle riprese macro.
Le macchine reflex più sofisticate hanno la possibilità di cambiare il vetro smerigliato, utilizzando di volta in volta quello più adatto per il tipo di riprese da effettuare. Le macchine da studio di grosso formato e professionali in genere usano un semplice vetro smerigliato liscio o con un riquadro che facilita la composizione. La messa a fuoco non è soltanto il sistema per ottenere un’immagine tecnicamente perfetta, ma anche uno strumento creativo, basato sulla legge ottica della profondità di campo.
In base a questa legge l’unico piano perfettamente nitido è quello sul quale è messo a fuoco l’obiettivo: quindi dovrebbe essere molto difficile ottenere immagini completamente nitide, soprattutto se i vari elementi si trovano disposti su distanze diverse.
Per fortuna dei fotografi l’obiettivo, in realtà, non mette a fuoco soltanto quel piano, ma anche una parte maggiore o minore di quanto si trova davanti o dietro quel piano.
La profondità di questa zona di messa a fuoco ottimale si può controllare guardando la montatura dell’obietti
vo: infatti ai due lati del punto o freccia di riferimento è riportata una serie di numeri che corrispondono alle aperture focali, cioè ai diaframmi. È possibile sapere che mettendo a fuoco, per esempio, alla distanza di 3 metri, con il diaframma 3,5 si ha a fuoco tutto quanto si trova tra 2,5 e 5 metri. Se invece si chiude il diaframma la profondità di campo aumenta.
Quindi il diaframma non serve soltanto a regolare la quantità di luce che entra nell’obiettivo, ma anche la profondità di campo.
Se volete avere a fuoco soltanto il soggetto dovete usare un diaframma aperto, cioè con un numero basso, mentre se volete avere a fuoco tutto, dal primissimo piano all’infinito, dovete usare un diaframma chiuso, cioè f. 16, f. 22 o anche più.
Una profondità di campo ridotta va bene per i ritratti e quando si vuole isolare il soggetto dallo sfondo, mentre nella foto documentaria o quando si vuole mettere in rapporto il soggetto con l’ambiente è meglio poter disporre
di una grande profondità di campo. Le macchine fotografiche reflex sono molto comode sotto questo aspetto, perché premendo un apposito tasto è possibile vedere esattamente come l’immagine risulterà nella fotografia.